Ormai da oltre un decennio si parla di sostenibilità, in campo ambientale, economico, finanziario, per garantire un futuro a questo nostro pianeta e alle generazioni future. Tante sono state le iniziative prese a livello internazionale, da ultima Agenda 2030 che è un programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità.
L’interesse sempre più crescente sui cambiamenti climatici e sulle possibili soluzioni per “proteggere la casa comune”, usando le parole di Papa Francesco nella Enciclica Laudato Si, ha avuto un inaspettato e notevole sviluppo anche nel campo economico e finanziario.
Negli ultimi anni, infatti, anche l’economia e la finanza si sono accorti dei rischi e dei danni che i cambiamenti climatici causano alla crescita economica. Questo perché è stato evidenziato che i rischi derivanti dal cambiamento climatico, dalla perdita di biodiversità, dal degrado delle condizioni sociali e dalla qualità della gestione delle imprese – i cosiddetti rischi ambientali, sociali e di governo societario (environmental, social and governance, ESG) – influiscono sulla crescita effettiva e potenziale dell’economia.
Non bisogna, però, fermarsi a settorializzare i singoli aspetti culturali o economici o finanziari.
Occorre prevedere un modello culturale nuovo perché “il clima è un bene comune, di tutti e per tutti. Esso, a livello globale, è un sistema complesso in relazione con molte condizioni essenziali per la vita umana” (Enciclica Laudato Si).
Come ha detto Benedetto XVI, il mondo non può essere analizzato solo isolando uno dei suoi aspetti, perché “il libro della natura è uno e indivisibile” e include l’ambiente, la vita, la famiglia, le relazioni sociali, ecc.
Il degrado della natura è, quindi, strettamente connesso alla cultura che modella la convivenza umana. Ebbene, è stato proprio il modello culturale imposto o proposto nel secolo scorso che ha determinato quell’impressionante degrado ambientale e sociale che scontiamo ancora oggi.
Fa piacere, comunque, considerare che a livello globale è aumentata l’attenzione degli investitori per i fattori ESG. Un’indagine del 2022 del World Economic Forum ha rilevato che i profili ambientali e di sostenibilità figurano tra le categorie di rischio più rilevanti, in termini sia di probabilità sia di severità degli impatti potenziali. Nel 2020 gli investimenti finanziari sostenibili, secondo il rapporto della Global Sustainable Investment Alliance, che costituivano circa il 36 per cento degli attivi globali in gestione, avevano raggiunto 35,3 trilioni di dollari, un valore più che doppio rispetto a quello del 2016.
La stessa Banca d’Italia ha iniziato a utilizzare criteri ESG nella gestione dei propri portafogli non di politica monetaria. Politica che dovrebbe incentivare le imprese ad attuare concretamente azioni di sostenibilità aziendale.
L’augurio, però, è quello di far comprendere a tutti, siano esse imprese, governi o semplici cittadini, che quando parliamo di “ambiente” facciamo riferimento anche ad una particolare relazione: quella tra la natura e la società che la abita. La natura, cioè, non deve essere considerata come qualcosa di separato da noi o come una cornice della nostra vita. È l’errore commesso nella seconda metà del secolo scorso che ha privilegiato una concezione materialistica della natura e della società.